lunedì 14 novembre 2016

ELOGIO DEL FICO




















"Io non so che cosa sia la poesia. Però so abbastanza bene che cos'è un fico."

Di Alessandro Tassoni (1565-1635) e della sua passione per il frutto del fico, si trova qualcosa (per la precisione un capitolo) nel mio “Bibit Archipoeta”.
Il buon Tassone negli ultimi giorni della sua vita disse più o meno che tutto il suo travaglio poetico in giro per le italiche corti aveva dato come risultato un fico.
Trecento anni dopo gli fa eco un collega poeta francese, Francis Ponge (1899-1988), noto come il poeta delle cose, dell'osservazione ed esaltazione degli oggetti più umili.
Nel 1951 Ponge comincia a scrivere una poesia sul fico che poi, negli anni, svilupperà come una sorta di manifesto sulla natura stessa della poesia e dell'arte.
Chi è interessato all'erudito studio fatto da Giampaolo Barosso, può con gusto affacciarsi QUI

Se Tassoni aveva paragonato le sue sfortune professionali all'umile fico (povero ma anche consolatorio, come è in fondo la poesia), Ponge fa del fico l'immagine stessa del lavoro artistico, fino all'immedesimazione del poeta con il dolce frutto, dalla ricchezza segreta ma al tempo stesso alla portata della mano di tutti:

Non so molto bene che cosa sia la poesia, ma so abbastanza bene che cos'è un fico. / [...] / I miei rapporti con la poesia mi sembrano incerti. Quelli col fico, certi. Forse in virtù di una certa somiglianza: io non sono che una povera fiasca, piena però di granelli d'oro di porpora sontuosa arricchita di granelli d'oro, succulenta. /



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